Si dice spesso che il Mondiale faccia gara a sé rispetto al resto della stagione. Quasi sempre si tratta di un luogo comune che poi non ha riscontri nella realtà dei fatti. Stavolta invece si può applicare alla perfezione a quanto successo, almeno in campo femminile, nella prima giornata dei mondiali di ciclocross 2016 a Zolder.
Pioggia battente, tantissimo fango: questo lo scenario con cui si presentava il circuito automobilistico. E come in Formula 1, anche nel cross col bagnato le gare tendono a diventare ben più imprevedibili e i rapporti di forza a cambiare. Tanto più in un tracciato con le caratteristiche di quello di Zolder che nel finale, almeno per le ragazze, in queste condizioni obbliga le atlete a uno sforzo a piedi bici in spalla ben superiore al minuto.
La vittoria tra le élite così è andata a Thalita De Jong, la portacolori della Rabobank che in questo gennaio 2016 ha vissuto una vera e propria esplosione. La conoscevamo come buona stradista (anche migliore dei risultati che fin qui ha conseguito, ovviamente bisogna tener conto del lavoro che nella Rabobank deve svolgere per le capitane) e come discreta ciclocrossista, ma è negli ultimi 20 giorni si è assistito al salto di qualità definitivo che l’ha portata dal lottare per le posizioni di rincalzo delle top ten all’essere competitiva nelle più importanti corse del calendario internazionale. La svolta è arrivata con la vittoria del campionato nazionale il 10 gennaio. Da lì in poi è stato un crescendo rossiniano, passando per il secondo posto di Hoogerheide, il primo assoluto in Coppa del Mondo, per arrivare all’apoteosi di oggi. Un ruolo importante lo ha avuto anche l’arrivo del maltempo, dopo due mesi di alta pressione, con il fango nel quale la 23enne del Brabante ha ottenuto la settima vittoria della carriera, ma a parte il campionato nazionale, le prime cinque erano arrivate in prove di livello C2 del calendario dei Paesi Bassi. Gare di secondo se non terzo livello insomma.
Uno vittoria bellissima quella di De Jong che si è dimostrata nettamente la più forte ed è emersa da metà gara in poi, quando ha aperto il gas, ha completato una rimonta straordinaria e quindi levato tutte di ruota nella seconda parte dell’ultimo giro. Tanto spettacolare l’azione della neerlandese quanto inattesa, quanto meno alla maggior parte degli osservatori che nonostante la condizione delle ultime settimane non la metteva tra le primissime favorite. Anche se la neerlandese aveva avuto in settimana un endorsment di un certo peso, quello di Marianne Vos, un parere evidentemente alquanto qualificato quello della sette volte iridata del cross, che tra l’alttro con De Jong condivide non solo il club, ma anche la regione di provenienza, una regione quella del Brabante che tenendo conto anche dei risultati di Mathieu Van der Poel nelle ultime stagioni ha davvero dominato la scena dell’off road invernale.
In seconda posizione, al più bel risultato della carriera senza dubbio, una delle rivelazioni della stagione, ossia Caroline Mani. La 29enne di Besançon ha coronato così una stagione che l’ha vista, dopo la piazza d’onore di Namur che stupì un po’ tutti, non uscire praticamente mai dalle prime 5 degli ordini d’arrivo, impreziosendo il tutto con la maglia di campionessa francese. Un’atleta che fino a tre mesi fa era caduta un po’ nel dimenticatoio, avendo sviluppato, dopo i due titoli francesi vinti tra i 21 e i 22 anni, quasi tutta la sua carriera, tra l’altro iniziata abbastanza tardi, nel 2002 a 15 anni e in maniera alquanto curiosa, provenendo dal motocross, negli Stati Uniti, dove aveva iniziato pure questa stagione, anche perché è tesserata per una squadra americana. Invece, dopo l’infortunio che ha impedito a Pauline Ferrand Prevot di disputare la stagione, la ragazza proveniente dalla Borgogna ha saputo sorprendere tutti e non far rimpiangere tra le transalpine la connazionale iridata. Oggi ha disputato una gara diversa rispetto al consueto negative split cui ci ha abituato, è partita invece fortissimo, nel finale comunque l’unica più brillante di lei è stata De Jong, su un tracciato molto favorevole alle sue qualità nella corsa, fondamentale nel quale è stata anche in questa occasione nettamente la migliore.
Bronzo per chi partiva con i favori del pronostico, ossia Sanne Cant, che per la terza volta in carriera sale sul podio ai Mondiali, ma manca ancora l’appuntamento con l’oro, peggiorando anzi l’argento di pochi mesi fa. Certamente, come la stessa aveva ricordato in una dichiarazione nel suo stile abbastanza tranchant pochi giorni fa, la sua stagione rimane più che positiva, con i titoli di campionessa del Belgio, d’Europa, la Coppa del Mondo e i successi che saranno ufficiali di qui a due settimane nel Superprestige e del Bpost bank Trofee, anche in assenza dell’iride. Però è indubbio che continui a mancarle quel Mondiale che le darebbe la definitiva consacrazione. Oggi le condizioni, per lei che non ama certo il fango, erano piuttosto proibitive, però non è mai stata brillante, ha corso per quasi tutta la gara in difesa, poi all’inizio dell’ultimo giro ha tentato un attacco che però è servito solo a lanciare De Jong, un’azione più di testa e di voglia di onorare il suo rango in casa più che di gambe. E la sua faccia sul podio testimoniava abbastanza bene il suo stato d’animo al termine della corsa.
Bruciata in volata dalla fiamminga Sophie De Boer, che al quarto posto si è confermata su alti livelli dopo la vittoria a sorpresa di Hoogerheide, anche se non ha mai dato l’impressione di poter vincere, mentre quinta è Nikki Harris. Dietro a Stultiens, si è piazzata settima Eva Lechner. La bolzanina però è stata molto sfortunata. Dopo poche centinaia di metri, infatti, è stata costretta a mettere piede a terra da una scivolata di Compton. In quel frangente ha perso quei 15 secondi dal gruppo delle big che poi sono rimasti costantemente il suo distacco per tutta la gara. Insomma le gambe non erano quelle di De Jong, che era assieme all’italiana e poi l’ha staccata per rientrare e andare a vincere, ma una medaglia era assolutamente nelle corde della portacolori dell’Esercito, almeno questo è quello che ci dice l’analisi cronometrica della prestazione. Poi come si sa il cross, tanto più quando c’è così tanto fango, è fatto anche di episodi. Antonneau, prima delle statunitensi, a sorpresa ma non troppo visto che non è la prima volta che capita quest’anno, Majerus, miglior gara dell’anno, e Van Paassen, idem dopo una stagione molto al di sotto del suo talento e che la vedrà appendere la bici al chiodo, a soli 27 anni, fra due settimane, completano la top ten. Tra le delusioni vanno annotate Compton tredicesima, Van Loy, tra l’alto in grande condizione nelle ultime uscite, addirittura diciottesima e Verschueren, comunque già da settimane lontana dai picchi di novembre – inizio dicembre, diciannovesima. Per l’altra azzurra in gara, Alessia Bulleri, onorevole 27^ posizione.
La cronaca. Il primo colpo di scena è proprio la caduta di Compton, che attarda anche Lechner. Poco dopo, De Jong si impantana, scivolando addirittura fuori dalle prime 20. Da qui partirà la sua rimonta furiosa. Davanti intanto si seleziona il gruppetto di testa con Harris, Cant, De Boer e Mani, con Stultiens a fare l’elastico e Eva Lechner a una ventina di secondi. Mani, contrariamente al solito, scatenata già in avvio, attacca durante il secondo giro. Nella terza tornata ci prova Harris. Ma non sono azioni che fanno male. Invece è impressionante il recupero di De Jong, che piazza un giro in 9’49”, unico di giornata sotto la soglia dei 10 minuti e recupera la testa della gara. L’impressione chiara è che sia quella più fresca, però fino al suono della campana rimane passiva. All’inizio dell’ultimo giro attacca Cant e riesce a guadagnare qualcosa. Parrebbe quindi che la vincitrice della Coppa del Mondo, mai apparsa brillante nei primi quattro giri, avesse semplicemente atteso il momento giusto per muoversi. Però De Jong riesce a tenerle facilmente la ruota, la lascia sfogare e poi la infila in curva. Presa la testa, guadagna subito otto secondi che si dilateranno nell’ultimo settore di corsa. Cant invece va in debito d’ossigeno e nel tratto a piedi viene raggiunta e staccata da Caroline Mani, che si produce in un’azione a piedi degna di un’atleta di corsa campestre di alto livello. La transalpina se ne va verso l’argento, mentre su Cant rinvengono da dietro anche De Boer e Harris, ma la rimonta della neerlandese si spegne per una ruota sul rettilineo finale.
Nella foto: la vittoria di Thalita De Jong (Tim de Waele/TDWSport.com)