Alla fine tutto secondo pronostico: è la Nuova Zelanda a festeggiare l’accesso alla finale della World Cup 2015, legittimando così il ruolo di super-favorita e continuando a coltivare l’obiettivo di diventare la prima formazione in grado di bissare il titolo nella competizione a distanza di 4 anni. Però gli All Blacks hanno dovuto faticare oltre ogni previsione per avere la meglio di un Sudafrica valoroso, che oggi ha espresso il miglior rugby di un mondiale iniziato con la partita da incubo con il Giappone e chiuso invece tra gli applausi, in attesa della finale 3/4° posto della settimana prossima. La difesa Springboks è stata davvero encomiabile, soprattutto sui punti d’incontro, sui placcaggi, cercando di evitare per quanto possibile quelli a terra per giocare situazioni di maul piuttosto che di ruck. La Nuova Zelanda non è praticamente mai riuscita a giocare il proprio rugby spettacolare, finendo impantanata (anche per il campo allentato dalla pioggia battente) in una battaglia all’ultimo metro che ha visto gli All Blacks, soprattutto nel primo tempo, peccare di indisciplina in maniera piuttosto marcata, concedendo davvero troppe penalità. Però alla fine la Nuova Zelanda è riuscita a spuntarla, gestendo invece con grande lucidità gli ultimi 10 minuti. Che sia l’Australia o l’Argentina l’avversaria della finale, questa partita dà però una chiave di lettura su come si possono creare difficoltà agli All Blacks. Anche se uscire vivi da partite del genere è un segnale di durezza mentale e di capacità di giocare sotto pressione davvero notevole.
Passano meno di 3 minuti e il punteggio si sblocca subito. Read si fa sanzionare per fuorigioco e così Pollard trasforma i primi 3 punti che mandano avanti gli Springboks e danno già un chiaro segnale di quello che sarà il problema principe degli All Blacks: la disciplina. I neozelandesi in questa fase però non sembrano risentire e reagiscono come meglio non potrebbero, passano poco più di 180 secondi e Kaino va a schiacciare in metà concludendo un’azione che vede il Sudafrica coprire troppo lentamente il campo, lasciando così ai Tutti Neri una facile superiorità sul lato destro. Anche questo darebbe una chiave tattica del match, la necessità di allargare quanto più possibile il campo, visto che gli Springboks sono particolarmente efficaci sul punto d’incontro e nei placcaggi, ma la Nuova Zelanda non esplorerà più questa strada nel primo tempo. Comunque quando Carter (al secondo tentativo per una falsa partenza di Habana) trasforma, l’impressione è quella dell’inizio di una marcia trionfale maori, tipo quella che ha travolto nei quarti la Francia. Invece il Sudafrica resiste, gioca con consistenza, durezza e mette dei granellini di sabbia negli ingranaggi All Blacks, che da parte loro continuano a concedere penalità agli africani. Pollard così all’11’ accorcia e poi al 21′ porta addirittura avanti i suoi. Per quasi un quarto d’ora dopo il vantaggio Sudafrica, la Nuova Zelanda cinge d’assedio gli avversari e li costringe praticamente a difendere solo la propria area dei 22 metri. Il predominio territoriale è netto ma mai troppo incisivo, gli Spingboks tengono benissimo sui placcaggi e hanno fletcher molto efficaci, in particolar modo Louw (pur costretto a un pit-stop in panchina per sangue). Inoltre anche quando concedono qualcosa, come le tre touche perse o le due penalità concesse, vengono graziati da altrettanti errori neozelandesi, in particolare di Moody che con una pulizia irregolare della mischia fa girare un calcio e di Carter che prima da posizione favorevole (almeno per un piede dolce come il suo) colpisce il palo su punizione e poi commette l’in avanti che in pratica chiude questa lunga fase offensiva. Ma i problemi disciplinari All Blacks non sono ancora finiti; Kaino in fuorigioco gioca volontariamente palla, calcio per il Sudafrica e giallo per il terza linea neozelandese che quindi va a sedersi per dieci minuti. Pollard trasforma e così il primo tempo si chiude sul 12-7.
Il secondo tempo inizia con gli All Blacks in 14 ma già dai loro sguardi prima del fischio d’avvio dell’arbitro francese Garces si vede che lo spirito è diverso. Gli Springboks infatti vengono schiacciati nella loro metà campo dalla quale non riescono a uscire e alla fine Carter concretizza questa supremazia territoriale con uno dei rari drop di questo mondiale che consente alla Nuova Zelanda di risalire a -2. A maggior ragione dopo il rientro di Kaino la pressione oceanica si fa ancora più forte, il Sudafrica cerca una resistenza stoica, ma deve assestare la linea di difesa a 5 metri dalla meta. Per qualche fase riesce a reggere, poi la Nuova Zelanda riesce ad aprire il gioco e andare lateralmente, la coperta sudafricana è corta e così il neo-entrato Barrett può schiacciare in meta. Le cattive notizie per gli Spingboks non finiscono però qui e non si esauriscono neppure con la trasformazione di Carter: Habana, già richiamato pochi minuti prima per un placcaggio a palla lontana, aveva commesso durante l’azione All Blacks un in avanti volontario sul quale l’arbitro aveva concesso il vantaggio ai neozelandesi. Arriva così il cartellino giallo per l’ala di Johannesburg. Sembra finita, ma il Sudafrica non si arrende e si affida alla sua migliore arma, la mischia chiusa, grazie alla quale costringe la Nuova Zelanda a una nuova penalità e Pollard non perdona neppure stavolta: 15-17. Passano però pochi istanti e gli Spingboks commettono un’ingenuità che si rivelerà decisiva, Etzebeth si fa prendere dall’ansia e si getta sulla ruck in maniera irregolare: sealing off e calcio per la Nuova Zelanda, con conversione di Carter che segna il nuovo record di punti neozelandese nel Mondiale a quota 172 e soprattutto sigla il +5. Il Sudafrica perde anche Pollard per infortunio ma non si arrende, al 69′ il suo sostituto Lambie trasforma un non facile calcio e così si entra negli ultimi 10 minuti con le formazioni separate da soli due punti. Il Sudafrica perde una touche sanguinosa, l’ennesima, e così gli All Blacks possono recuperare il possesso. Lo gestiranno fino al 79′ con l’intento primario di tenere gli avversari lontani. Gli Spingboks riprendono palla solo a 50” dalla fine ma devono partire dai loro 22. Ci provano con coraggio, ma la perfetta difesa nera non concede loro che 10 metri in 9 fasi. Così alla fine arriva inevitabile l’errore che chiude la contesa e fa partire la festa della Nuova Zelanda.
Sudafrica – Nuova Zelanda 18-20
Marcatori: cp Pollard (S) al 3′, m. Kaino tr. Carter (Nz) all’8′, cp Pollard (S) all’11’, cp Pollard (S) al 21′, cp Pollard al 38′, dg Carter (Nz) al 48′, m. Barrett tr. Carter (Nz) al 52′, cp Pollard (S) al 58′, cp Carter (Nz) al 60′, cp Lambie (S) al 69′.
Sudafrica: Mtawawira (dal 53′ Nyakane), B. Du Plessis (dal 53′ Strauss), Malherbe (dal 60 J. Du Plessis), Etzebeth, De Jager (dal 60′ Matfield), Louw (dal 29′ al 35′ Alberts), Burger (dal 63′ Alberts), Vermeulen, Du Preez, Pollard (dal 65′ Lambie), De Allende (dal 79′ Serfontein), Kriel, Pietersen, Le Roux.
Nuova Zelanda: Moody (dal 69′ Franks), Coles (dal 67′ Mealamu), Franks (dal 52′ Faumuina), Retallick, Whitelock, Kaino (dal 67′ Kane), McCaw, Read, A. Smith, Carter, Savea, Nonu (dal 52′ Williams), C. Smith, Milner-Skudder (dal 49′ Barrett), B. Smith.
Nella foto: il drop vincente di Dan Carter (dal sito ufficiale World Cup 2015)