Giorgio Rossi, l’addio a 18 anni: “Ho smesso di essere un ciclista contro quella macchina”

Il suo futuro appena cominciato è già finito. Giorgio Rossi aveva promesso di diventare un ciclista professionista, a forza di vittorie e piazzamenti, maglie rosa e tricolori, in mountain bike e ciclocross. “Invece chiudo col ciclismo, a 18 anni. L’ho scritto ai miei genitori, l’ho detto al Team Bianchi, l’ho postato sui social”. Capelli color rame che ogni tanto maltratta, addosso una felpa e dentro forti correnti d’aria nuova. “Ho smesso di essere un ciclista contro quella macchina, scendendo dal Berbenno, due anni fa”. Discesa del Monte Berbenno, pochi chilometri alla fine dell’ultima prova della Challenge Val Brembana per allievi, settembre 2013. “Scollino e inseguo una fuga di cinque. Scendo 40 all’ora, una macchina sale a 50”. Una macchina risale il percorso di gara, contro i divieti e i ciclisti. “Curvo a sinistra, la vedo che è già qui: impatto, inevitabile, pauroso”. Buio. “Riapro gli occhi, il sangue sulla faccia. Arriva l’ammiraglia della mia TX Active Bianchi con Andrea Ferrero, il mio manager, e mio padre, il mio meccanico personale. Mi portano all’ospedale in elicottero.

Sembrava un dramma e invece è niente. “Sto bene e risalgo in bici per preparare il primo dei due anni da juniores. Ho un problema quando pedalo ma pedalo lo stesso, cerco di essere più forte di tutti e tutto”. Come fa dal 2004, categoria G2 col Cicloteam Nembro e l’anno dopo alla Polisportiva Villese, squadra di Villa di Serio, dove vive, fondata da Giovanni e Laura, papà e mamma, che gli staranno sempre a ruota. “Prima vittoria alla seconda gara del secondo anno. Poi quattro anni e un’infilata di successi che mi portano al Team Bianchi, mountain bike e ciclocross: 6 anni, 3 Campionati Italiani individuali, 2 a staffetta, 1 Giro d’Italia”. Poi l’incidente, che sembrava niente invece è qualcosa. “Nei due anni da juniores vinco ma poco, mi ammalo, mi faccio male”. Uno degli infortuni, grave, ai testicoli. “Perdo gare, settimane, mesi. E c’è sempre quel problema quando pedalo”. Che non si risolve. “Perché il problema sono io. Ho il bacino ruotato e la parte destra è più indietro, conseguenza dell’incidente sul Berbenno”. Sembrava qualcosa, è la fine. “Sopporto questo problema, che si mescola a tutti gli altri problemi, solo se posso correre per vincere, altrimenti niente”.

Allora niente. Dopo 68 vittorie e una quindicina di presenze in Nazionale, Giorgio scende dalla bici e lascia il mondo del ciclismo, i suoi abitanti e le sue abitudini. Si rammarica per i genitori, “hanno capito”, e per Andrea Ferrero, “mi ha aiutato molto”. Ovunque lo porteranno le correnti d’aria nuova, si terrà dentro una frase di Felice Gimondi, oggi presidente Team Bianchi, che dopo averlo visto passare tra un manubrio e una transenna per vincere una gara ormai persa, lo guardò dicendogli: “in te ho visto lo spirito del corridore”.

Nella foto: Giorgio Rossi