Da Namur a Zolder in sei giorni cambiava tutto. Opposto lo scenario, dal fascino architettonico di un’antica cittadella medievale alla modernità tecnologica di un circuito automobilistico che nella sua storia ha saputo regalare le gioie più grandi e i lutti più terribili. Completamente diverso il tracciato, da quello durissimo, tecnico, aspro, ripido nelle salite e nelle discese della Vallonia a questo velocissimo ed estremamente lungo. Infine il meteo, anche sui cieli del Belgio splendeva quel bel sole primaverile che sta interessando un po’ tutta l’Europa continentale: neanche l’ombra di fango dunque, ma un terreno duro e compatto che ha reso ancor più scorrevole e rapido il tracciato.
Scenario completamente differente quindi, ma, almeno nella gara maschile, un’unica invariante: la vittoria di Mathieu Van der Poel, che quindi conferma definitivamente di essere tornato al top dopo il grave infortunio al ginocchio e anzi, per il campione del mondo l’essere stato fermo forzatamente per un paio di mesi a questo punto potrebbe diventare pure un vantaggio in termini di freschezza e di minori sforzi dovuti affrontare rispetto agli avversari. Un successo che è estremamente indicativo anche in chiave iridata. Infatti tra poco più di un mese su questo stesso percorso verrà assegnata la maglia con i colori dell’arcobaleno (non accadeva dal 2011-12 a Koksijde che nella stessa stagione ci fosse l’opportunità di un test event di Coppa del Mondo sul tracciato mondiale nella stessa stagione) e quindi Van der Poel ha lasciato intendere chi sia il favorito.
Anche perché il punto più selettivo del circuito fiammingo è proprio nel tratto finale e per quanto visto oggi è difficile pensare che qualcuno, salvo muoversi da lontano, possa tenere testa al cambio di ritmo prorompente dimostrato dal nipote e figlio d’arte brabantino. Almeno se le condizioni climatiche resteranno queste (non che sul fango Van der Poel non vada, ma di certo le accelerazioni violente sono meno facili da realizzare) e in attesa di capire se la controprestazione odierna di Van Aert sia dovuta a una giornata storta o abbia ragioni più profonde.
Il leader di Coppa del Mondo infatti si è piazzato solamente ottavo e, pur riuscendo a difendere la leadership in maniera piuttosto agevole, soprattutto ha lasciato pessime impressioni, apparendo sempre in balia della situazione, a galla nel gruppo tra il quarto e il decimo posto per tutta la gara senza mai apparire capace di fare la differenza. In seconda piazza dietro a Van der Poel si è piazzato un Kevin Pauwels molto intelligente nel condurre una gara regolare, senza mai andare fuori giri, lasciando andare quando necessario gli avversari per poi rientrare con la sua regolarità, che gli ha consentito nel finale di avere le energie necessarie per prendere la piazza d’onore. In terza posizione Lars Van der Haar, che per almeno metà gara ha fatto corsa parallela con Van der Poel, spendendo però evidentemente troppo e finendo per saltare alla fine del penultimo giro, anche a causa di una foratura. Comunque, nella gara che aveva vinto nelle ultime due edizioni, il portacolori della Giant ha potuto salire in seconda posizione in Coppa recuperando un considerevole numero di punti, portando a 16 lunghezze da Van Aert.
Dopo il brivido in partenza con la caduta del maggiore dei Van der Poel, David, che per poco non tirava giù anche il fratello, il primo attacco è stato portato da Venturini, come al solito molto efficace nelle prime fasi, assieme al campione belga Vantornout e a Tim Merlier. Mentre dietro si va tranquilli con un gruppone ancora ricco di una quindicina di unità, i tre restano al comando fino a quando il campione del mondo apre il gas per la prima volta. Il campione del mondo accelera nel punto in cui ha maggior vantaggio, la scarpata (non si può definire altrimenti vista la pendenza e il terreno dissestato) sulla quale bisogna arrampicarsi a piedi e che introduce a un ripido strappo che non tutti riescono ad affrontare in bici. Van der Poel chiude agilmente il gap e sorpassa il trio, mentre con lui rimangono solo Van der Haar e per qualche centinaio di metri Meeusen. Fiutato il pericolo, all’inseguimento si porta Kevin Pauwels, che fa la differenza rispetto agli altri inseguitori e alla fine del quarto giro riesce a completare l’aggancio in testa. Per tutti gli altri, raggruppati a un minuto circa di ritardo, la lotta era per le posizioni dalla quarta in giù.
Con Pauwels a fare l’elastico, la prima mossa importante di Van der Poel arrivava alla fine del settimo giro, sempre nel solito punto. Sembrava già questo il tentativo buono, prima che a metà della tornata successiva il neerlandese si rialzasse, in maniera piuttosto repentina, dando anche l’impressione di un possibile problema meccanico o fisico. Invece l’iridato stava solamente rifiatando prima dell’accelerazione finale che, al termine dell’ottavo giro, complice anche la foratura del campione d’Europa, apriva il gap decisivo, nonostante la strenua resistenza di Pauwels, che obbligava comunque Van der Poel a far registrare nell’ultima tornata il tempo migliore dei nove giri complessivi della gara. Lo sprint per la quarta piazza vedeva protagonista Tom Meeusen che precedeva Vantornout, con Venturini sesto. Van Aert era superato anche dal compagno di squadra Merlier, mentre Van Kessel precede un Nys anche oggi non molto brillante per la nona e decima piazza.
Nella gara femminile invece il totale cambiamento del contesto, ha portato nella gara femminile a una completa variazione dei valori in campo, con il podio interamente differente rispetto a sei giorni fa. Vince e si riscatta Sanne Cant che dopo il quattordicesimo posto di Namur torna sul gradino più alto del podio e si riprende anche la leadership della generale, piegando dopo un lungo testa a testa Katie Compton. Terza piazza per Ellen Van Loy, che dopo tanti anni di buoni risultati ottiene finalmente il primo podio della propria carriera. Ottava piazza invece per Eva Lechner alla fine, la bolzanina che ha pagato soprattutto una caduta al termine del secondo giro, che le ha fatto perdere tempo, ritmo e posizioni, e ora si trova in una situazione speculare rispetto alla vigilia, dovendo inseguire Cant con 17 punti di ritardo.
Proprio la campionessa italiana è la migliore in partenza, arrivata con qualche minuto di ritardo per dei problemi tecnici al semaforo, poi viene rilevata in testa da Van Loy che fa il ritmo nella seconda parte della prima tornata. Si riporta quindi in testa anche Sanne Cant: le due belghe sono in particolare le uniche che riescono a scalare in bici l’ultimo strappo, quello più duro. Si forma così un quartetto che passa in testa sotto il traguardo, con Sabrina Stultiens agganciata alle tre citate in precedenza. La neerlandese però inizia poi a perdere qualche metro e viene superata da una Compton in grande rimonta, che subito dopo si riporta sulle prime.
Anche Eva Lechner inizia ad accusare e l’affanno si vede con qualche errore tecnico, prima nell’affrontare un tornantino all’esterno (traiettoria più complessa ma più redditizia, tra le ragazze affrontata in quel modo solo dalle italiane) e poi soprattutto, dopo che Cant e Compton avevano preso qualche metro di vantaggio, nell’ultimo tratto in discesa ripida prima del ponte che immette sulla retta d’arrivo, nel cercare di superare all’interno Van Loy, finisce a terra in maniera piuttosto pesante. La caduta costa all’altoatesina almeno trenta secondi, e soprattutto per almeno un giro le fa perdere il ritmo giusto. Davanti resta così un terzetto, con Van Loy già piuttosto impiccata che alla lunga infatti cederà. La più in palla appare comunque la belga, che tuttavia lascia tutte le volte che può l’iniziativa alla statunitense. Poi nel finale, sull’ultima salita, arriva il cambio di ritmo decisivo, quello che le permette di involarsi verso la seconda vittoria stagionale in Coppa del Mondo, quarta in carriera.
Per il quarto posto da dietro emergeva potente la rimonta di Thalita De Jong, che giro dopo giro aveva recuperato terreno e posizioni e non è arrivata lontana dall’insidiare Van Loy, così come Caroline Mani, che chiude quinta dando continuità alla splendida prova di Namur. La volata per il sesto posto è vinta da Pavla Havlikova su Stultiens, Lechner e De Boer, il drappello di atlete che prima delle rimonte di De Jong e Mani aveva caratterizzato l’inseguimento alle prime. Chiude le prime dieci Nikki Harris, ben lontana dal livello eccellente mostrato nella cavalcata solitaria di domenica scorsa.
In casa Italia merita di essere sottolineata e applaudita la strepitosa prova di Chiara Teocchi. La 19enne lombarda ha chiuso in tredicesima posizione, prima assoluta tra le under 23: e sul tracciato che per la prima volta nella storia fra un mese incoronerà la campionessa del mondo di categoria diventa un risultato e un’indicazione di assoluto valore. La portacolori della Bianchi ha avuto una partenza da sogno, che l’ha vista stazionare per tre quarti del primo giro nel gruppo di testa in nona posizione, poi ha perso qualcosa rispetto alle big in maniera fisiologica, ma ha continuato ad esprimersi su altissimi livelli su un tracciato che si è confermato molto adatto alle sue caratteristiche. 21^ piazza per Alice Arzuffi, la campionessa italiana under 23 comunque è apparsa soddisfatta a fine gara per le indicazioni ottenute in chiave iridata (quinta tra le giovani, precedendo ad esempio la campionessa europea di categoria Van Den Driessche).
Tra gli uomini under successo del neerlandese Joris Nieuwenhuis (7° Gioele Bertolini), mentre tra gli junior la vittoria va al francese Thomas Bonnet. Il prossimo appuntamento con la Coppa del Mondo è quindi per il 16 gennaio in Francia, a Lignières, esordio per il comune del Cher nel massimo circuito mondiale di cross, sul tracciato che nel 2014 assegnò i campionati nazionali transalpini. Sarà la penultima prova di Coppa e potrebbe già dare le prime risposte importanti per le classifiche.
Nella foto: l’arrivo in solitaria di Sanne Cant ((c) Tim De Waele)